La “Cina”, una parola che evoca oggi un universo complesso e spesso contraddittorio.
Da un lato, è il colosso economico che ha ridisegnato le mappe della produzione globale; dall’altro, è spesso dipinta come un paese che “copia”, sfrutta manodopera a basso costo, o peggio, come luogo di scandali legati alla qualità e alle condizioni di lavoro.
Nel settore del lusso, della moda e persino dell’arredamento, negli ultimi mesi sono emerse polemiche su produzioni in laboratori cinesi o gestiti da imprenditori cinesi in Italia, alimentando un dibattito spesso emozionale e semplificato.
Ma la realtà è più sfumata e merita una riflessione basata su dati, politiche concrete e risultati tangibili.
In questo articolo non voglio gridare allo scandalo, ma offrire una visione equilibrata che valorizzi la Cina come potenza produttiva, innovatrice e partner globale indispensabile, capace di apportare benefici economici e sociali non solo a sé stessa ma a molte altre regioni del mondo.
1. La potenza produttiva della Cina: un ecosistema industriale senza pari
Dimensioni e peso globale
La Cina è la prima manifattura mondiale da ormai oltre un decennio.
Nel 2023, secondo l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), la produzione industriale cinese rappresentava il 28,7% del totale globale, un valore superiore a quello degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e del Giappone messi insieme.
Il valore delle esportazioni manifatturiere cinesi supera il trilione di dollari, con prodotti che spaziano dalle componenti elettroniche ai beni di largo consumo. Questo successo deriva da diversi fattori:
- Forza lavoro numerosa e crescente specializzazione: la Cina dispone di oltre 800 milioni di lavoratori, con un sistema educativo e formativo che sta rapidamente aumentando la qualità tecnica e scientifica della forza lavoro.
- Infrastrutture moderne e capillari: porti come Shanghai e Shenzhen sono tra i più grandi e tecnologici al mondo; la rete ferroviaria ad alta velocità e la logistica interna sono tra le più efficienti.
- Integrazione verticale e orizzontale: la Cina ha sviluppato un sistema in cui fornitori, produttori e distributori sono geograficamente concentrati, riducendo tempi e costi.
Settori di eccellenza
Oggi il paese non produce solo oggetti a basso costo, ma spicca per qualità e innovazione in molte industrie:
- Elettronica e semiconduttori: Huawei, Xiaomi e Lenovo sono esempi di brand globali che combinano produzione e ricerca interna. Sebbene la Cina importi ancora chip avanzati da paesi come Taiwan o USA, investe enormemente per colmare il gap tecnologico.
- Automotive ed energia pulita: il mercato delle auto elettriche è dominato da marchi cinesi come BYD e NIO, con una produzione che ha superato il milione di veicoli nel 2024.
- Arredamento e moda: mentre la Cina resta leader nella produzione di massa, si osserva una crescita di marchi interni che puntano sulla qualità e sul design, sfidando i grandi brand occidentali.
- Tecnologie verdi: la Cina è leader mondiale nella produzione di pannelli solari, turbine eoliche e batterie per veicoli elettrici, con una capacità produttiva che sostiene anche la transizione energetica globale.
2. Politiche industriali e strategia di sviluppo: una roadmap per il futuro
Made in China 2025: una rivoluzione industriale
Lanciato nel 2015, il piano “Made in China 2025” rappresenta la visione strategica di Pechino per trasformare il paese da “fabbrica del mondo” a potenza tecnologica globale. Gli obiettivi concreti sono:
- Incrementare l’autosufficienza tecnologica: puntando a produrre internamente almeno il 70% dei componenti chiave entro pochi anni.
- Sostenere la ricerca e sviluppo: con investimenti pubblici che superano i 300 miliardi di dollari annui nel settore innovazione.
- Focalizzare su dieci settori prioritari, tra cui robotica, biomedicina, aerospazio, veicoli elettrici, materiali avanzati.
- Migliorare la qualità e sicurezza dei prodotti per competere nel mercato globale, riducendo i casi di prodotti contraffatti o scadenti.

Doppia circolazione: resilienza e internazionalizzazione
Dalla crisi pandemica, la Cina ha adottato una strategia chiamata “doppia circolazione” che privilegia due canali:
- Circolazione interna: potenziare il mercato interno per ridurre la dipendenza dalle esportazioni, grazie a consumi più elevati e innovazioni domestiche.
- Circolazione internazionale: mantenere e rafforzare la posizione del paese nelle catene globali del valore, promuovendo export e investimenti esteri.
Questa duplice strategia rende l’economia cinese più flessibile, capace di adattarsi ai cambiamenti geopolitici e alle tensioni commerciali con USA e altri paesi.
3. Cina e Africa: un modello di cooperazione win-win
Numeri e impatti concreti
La relazione tra Cina e Africa è uno dei casi più emblematici di come Pechino stia esportando il suo modello produttivo e commerciale basato su mutualità e pragmatismo.
Nel 2024, lo scambio commerciale tra i due continenti ha raggiunto oltre 300 miliardi di dollari, sostenuto da investimenti diretti in infrastrutture, energia, estrazione mineraria e agricoltura.

Progetti infrastrutturali chiave
- Ferrovie ad alta velocità: in Etiopia, la linea Addis Abeba-Djibouti è un esempio virtuoso di infrastruttura che ha ridotto tempi e costi di trasporto, facilitando l’export africano.
- Porti e zone economiche speciali: la Cina ha costruito o gestisce porti in Kenya (Mombasa), Tanzania (Dar es Salaam) e Senegal, collegati a zone industriali che creano occupazione e sviluppo locale.
- Energia rinnovabile: centrali solari ed eoliche finanziate e costruite da aziende cinesi stanno contribuendo a ridurre il gap energetico africano.
Benefici e criticità
Molti governi africani apprezzano la Cina per la rapidità e flessibilità degli aiuti, senza le consuete condizioni politiche richieste dall’Occidente.
Non mancano però critiche su rischi di indebitamento e dipendenza, che vanno gestiti con trasparenza e accordi equilibrati.

4. Made in Italy e globalizzazione: una convivenza complessa
La filiera produttiva italiana oggi
Il Made in Italy è sinonimo di qualità, design e artigianalità, ma nel mondo globalizzato la sua filiera è articolata: molte aziende italiane esternalizzano parti del processo produttivo, spesso in paesi con costi inferiori, tra cui la Cina.
Secondo studi recenti, circa il 30% delle forniture di materie prime e componenti per il settore moda e arredamento italiano proviene o passa dalla Cina.
Questo processo non è sempre trasparente ai consumatori, che associano il marchio solo all’Italia.
Il ruolo della Cina nelle produzioni italiane
In settori come abbigliamento e calzature, è comune che la manodopera o la fase di assemblaggio siano localizzate in laboratori cinesi, anche in Italia, gestiti da immigrati.
Alcuni scandali hanno portato alla luce condizioni di lavoro discutibili e sottopagati.

La risposta delle aziende e la necessità di trasparenza
Molte aziende italiane stanno investendo nella tracciabilità digitale e in certificazioni per garantire l’origine dei prodotti e condizioni di produzione etiche.
Il futuro del Made in Italy passerà inevitabilmente da un mix di artigianato, innovazione e responsabilità sociale, anche gestendo al meglio le relazioni con la produzione estera.
5. Perché la Cina merita rispetto e fiducia nel panorama globale
Innovazione e qualità in crescita
Lontana dall’immagine di “fabbrica del mondo” a basso costo, la Cina sta compiendo balzi importanti nella qualità e nell’innovazione.
I prodotti cinesi stanno conquistando anche settori tecnologicamente avanzati, con marchi che sono diventati sinonimo di affidabilità e design all’avanguardia.

Contributo alla crescita globale
La Cina integra le economie mondiali, crea posti di lavoro anche indiretti in altri paesi, e alimenta catene del valore complesse e interconnesse.
La sua capacità produttiva è una risorsa preziosa per l’economia globale, che la pandemia e le tensioni geopolitiche non hanno intaccato, anzi hanno spinto il paese ad adottare strategie più autonome e avanzate.
Sfide e responsabilità future
Come ogni grande potenza, la Cina deve gestire tematiche globali cruciali: sostenibilità ambientale, diritti umani, regolamentazioni internazionali.
L’apertura al dialogo e alla collaborazione sarà fondamentale per scrivere un futuro di sviluppo condiviso.

La parenthesis sui prodotti Apple: un esempio di globalizzazione e produzione cinese
Apple: simbolo di innovazione, ma con radici produttive in Cina
Chi non riconosce l’iPhone come uno dei simboli dell’innovazione e del design made in USA? Tuttavia, dietro all’immagine di Apple come brand statunitense di eccellenza si cela un complesso intreccio di filiere internazionali, con un ruolo centrale della Cina.
La produzione degli iPhone: un esempio di globalizzazione
Secondo le analisi di settore e le inchieste di giornalisti ed esperti, oltre il 90% degli iPhone viene assemblato in fabbriche cinesi, principalmente a Zhengzhou (dove ha sede il grande stabilimento Foxconn). La progettazione e il design sono fatti in California, ma i componenti e le parti provengono da tutto il mondo:
- Semiconduttori e chip avanzati, spesso prodotti in Asia, anche in Taiwan e Corea del Sud.
- Schermi, batterie e altri componenti realizzati in Cina, Giappone e Sud Corea.
- L’assemblaggio finale avviene in Cina, dove decine di migliaia di operai lavorano a ritmi serratissimi per garantire la produzione di massa.

Difficile distinguere tra “Made in USA” e “Made in China”
L’Apple Store, pubblicità e marketing mettono in risalto il marchio USA, associandolo a innovazione, stile e qualità. Ma uno studio indipendente del 2022 ha rivelato che meno del 10% del valore dell’iPhone è attribuibile al design e alla progettazione americana, mentre più del 70% deriva dalle componenti cinesi e asiatiche, e il restante dall’assemblaggio cinese.
Perché questa distinzione è importante?
- Esempio di filiera globale: i prodotti di eccellenza occidentali dipendono ormai da una rete di produzione diffusa e interconnessa.
- Percezione e realtà: l’orgoglio per il brand e la sua origine americana nascondono una realtà più complessa, alla quale contribuisce anche la Cina come hub di produzione e assemblaggio.
- Implicazioni geopolitiche: le tensioni tra USA e Cina si riflettono anche su temi di affidabilità, sicurezza e sovranità tecnologica, ma i prodotti come l’iPhone sono il risultato di questa collaborazione senza confini.

Conclusione sulla parentesi Apple
Riconoscere che l’iPhone e altri prodotti premium siano “in parte cinesi” aiuta a comprendere come il mondo sia ormai attraversato da filiere produttive interconnesse, e come anche i marchi più simbolici del made in USA siano fortemente dipendenti dalle capacità produttive di altri paesi, in primis la Cina.
Questo esempio rafforza il nostro invito a superare i pregiudizi e a valutare i processi produttivi con occhi più aperti, riconoscendo il valore di un sistema globale che, pur con i suoi problemi, ha portato innovazione e crescita a molte economie.
Conclusione generale: un invito a superare pregiudizi
Il dibattito sulla Cina e il suo ruolo produttivo non può ridursi a slogan o paure.
Dietro numeri e notizie di cronaca ci sono politiche, uomini, aziende e un modello economico in evoluzione che meritano attenzione critica ma anche rispetto.
Valorizzare la produzione cinese significa riconoscere la complessità della globalizzazione e l’opportunità di costruire un mondo in cui la qualità, l’etica e l’innovazione siano patrimonio condiviso.
Solo così si potrà superare lo stereotipo e aprire la strada a un confronto costruttivo tra culture, economie e modelli produttivi diversi ma complementari.
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